Il Preposto 2.0 e l’intelligenza emotiva

Intelligenza Emotiva

Meglio tardi che mai

L’espressione “meglio tardi che mai”, attribuita al filosofo Diogene di Sinope, che la coniò quando fu interrogato sulla testardaggine di apprendimento della teoria musicale nella vecchiaia, rispondendo appunto, “meglio tardi che mai”, è da sempre un detto popolare per mettere in risalto l’importanza di fare le cose, anche se in ritardo, piuttosto che non farle mai.

Potremmo quindi dire che fare le cose è comunque importante, ma non conta molto quando, farle, anche se in ritardo, sarà sempre preferibile a non farle.

Sarà vero? anche no.

Se una cosa poteva esser fatta prima e non farla ha generato danni inimmaginabili, e decine, centinaia, migliaia di infortuni mortali, l’ipotesi di fare le cose, anche in ritardo, non è accettabile.

E ci voleva una Legge, la 215/21, per rivedere l’immagine del Preposto, una delle posizioni di garanzia più importanti in assoluto, a mio avviso, di ogni organizzazione imprenditoriale e professionale.

Ma noi siamo fatti così, abbiamo bisogno che le cose siano scritte in modo chiaro, esplicito, anche se purtroppo la chiarezza assoluta non è prerogativa del legislatore, spesso incline a lasciare spazio alle interpretazioni.

Le modifiche introdotte, con particolare riferimento agli artt. 18 e 19 del D.lgs. 81/2008, sono di fatto una rivoluzione, quindi ora è tutto più chiaro:

Al preposto è riservata l’attività di vigilanza

e non potrà subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività.

Ma a risolvere definitivamente ogni dubbio sul ruolo, sono sicuramente tornati utili i numerosi interventi della cassazione in merito ai compiti di fatto prerogativa del Preposto, e l’ampliamento dell’art. 19, con l’integrazione del comma 1 lettera a), è una vera rivelazione.

Informare i diretti superiori, solo in caso di persistenza delle inosservanze rilevate durante lo svolgimento dell’attività, lasciava spazio a tutta una serie di interrogativi, quindi il Legislatore chiarisce e specifica che il Preposto:

… oltre a sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, (tutti) ecc.ecc.,(vedi ex art. 19 c.1 lett. a) – difronte alla rilevazione di una non conformità comportamentale in ordine alle disposizioni e istruzioni del datore di lavoro e dirigenti, ai fini della protezione collettiva ed individuale, deve intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le dovute indicazioni di sicurezza.

Si aggiunge quindi un nuovo compito per il Preposto:

…in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, avrà l’obbligo di interrompere l’attività in caso rilevi deficienze dei mezzi e delle attrezzature e segnalare le non conformità rilevate, quindi informare i diretti superiori.

Tra le righe di questa modifica c’è molto di più, basta scavare ed andare in profondità per comprendere (probabilmente) la vera intenzione del legislatore.

Il Legislatore vuole potenziare la figura del Preposto e continuare a stimolare nei Datori di Lavoro un processo di cambiamento iniziato, per molti, almeno 20 anni fa, per farlo, punta finalmente su aspetti della formazione di questa funzione mai introdotti prima:

 “…modificare il comportamento non conforme, fornendo le dovute indicazioni di sicurezza…”

Ciò significa che c’è bisogno di altro e che le sole competenze tecniche sono insufficienti per l’esercizio efficace delle funzioni di preposto.

Per questo processo evolutivo, l’attività di formazione riservata al preposto, oggi richiesta con cadenza almeno biennale, è fin troppo evidente, dovrà essere continua, lo avrebbe dovuto essere da sempre.

Ciò che richiede il legislatore è un’intelligenza speciale, che va formata, una competenza sociale ed emozionale da sviluppare, magari, nel più breve tempo possibile.

Una cura, per evitare che comportamenti non conformi,

insicuri, possano determinare effetti indesiderati.

Nel suo saggio “Intelligenza Emotiva”, Daniel Goleman ci insegna come l’intelligenza emotiva può essere sviluppata, agendo in contrasto con il cosiddetto “Analfabetismo Emozionale”, ovvero:

  1. Combattendo l’assenza di consapevolezza e quindi controllo delle emozioni e dei comportamenti associati.
  2. Combattendo la mancanza di consapevolezza circa le ragioni per le quali si provano certe emozioni.
  3. Combattendo l’incapacità di relazionarsi con le emozioni altrui, non riconosciute o incomprese e con i comportamenti che ne scaturiscono.

Sviluppare queste capacità è fondamentale proprio come accrescere le competenze del “fare”.

Rinunciare a far sviluppare o ad accrescere negli individui queste particolari abilità, significherebbe coltivare una società intellettualmente limitata, decisamente poco affidabile.

Se aumenteremo l’autoconsapevolezza di controllare le nostre emozioni e quindi le nostre azioni, il nostro ottimismo e la perseveranza, la capacità di essere empatici, di curarci degli altri e di cooperare, potremo sperare in un futuro più sereno.

Quindi perchè pensare che le emozioni siano fondamentali e perchè partire da loro?

Perchè le emozioni sono linfa vitale, sono messaggere di informazioni utili a garantire la sopravvivenza dell’individuo, assumendo un valore estremamente positivo.

 “non lasciare per domani ciò che puoi fare oggi”

Alessandro Medini

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